Onorevoli Colleghi! - La società contemporanea ci ha da tempo abituato ai contrasti, talvolta assai stridenti, che la caratterizzano, contrasti che si situano ben al di fuori della linea del giudizio morale.
Così rischiamo di cadere in una forma di assuefazione di fronte, ad esempio, agli episodi di povertà estrema che quotidianamente si rendono visibili nelle nostre strade opulente, o di ritenere ineluttabilmente condannati alla marginalità uomini e donne esclusi dalla società affluente per ragioni di malattia, di indigenza o di impedimenti che un sistema di welfare sempre più fragile non riesce più a superare. Per contro l'intera scena mediatica sembra ispirata a una cultura che privilegia l'edonismo, l'arricchimento «facile» e non troppo «etico», modelli in cui l'«avere» e il «sembrare» piuttosto che l'«essere», l'egotismo più coltivato, piuttosto che la solidarietà, paiono avere il sopravvento, soprattutto presso le giovani generazioni, cui viene esibita acriticamente una way of life così concepita. In una stagione in cui peraltro lo Stato impegna sempre minori risorse per la ricerca medica e per la solidarietà sociale, il modello di società che sembra affermarsi contrasta fortemente con i princìpi costituzionali della tutela della persona umana, del lavoro come principio-cardine, del dovere della ricerca scientifica e del sovvenire al bisogno di chi non è in grado di provvedere a se stesso.
Non sfuggono certamente a questo registro gli episodi, assai poco «pedagogici»,